
Non facile star dietro alle esigenze della rete, ci vuole sempre qualcuno che mantenga vivo il profilo on line. Una persona reale che foraggi il suo avatar, o quello di altri, o quelli di altri. Può darsi che funzioni, può darsi che avere più vite da controllare, sostenere, contenere, ampliare porti ad una schizofrenia incontrollabile e che l’avatar sostituisca funzioni fondamentali che, altrimenti, potrebbero esser vissute. L’individuo sostiene il corpo, il resto sta altrove. Non so se sia vita, questa. Eppure, strano a dirsi, tutte le volte che ci immedesimiamo nel signor K, o in Bartleby, o nella signora Bovary, o in Peter Pan, alimentiamo una sorta di avatar (e come noi, tutti quelli che lo hanno fatto vi si sono trovati immersi come estensione del sé). Leggere di Peppino Cilantro, antieroe del nostro libro Platèa, e immedesimarsi nella sua vita, nel suo modo di essere e di intenderla, sposta la nostra identità in quell’altra e ci si può scrollare di dosso il fastidio solo venendo fuori dal libro. Sospenderlo, fermarsi a pagina 53, dirsi “non è il caso”, lascia inattivo il personaggio e lo colloca in una sorta di inframondo tra il tempo che ci si è dati per iniziare a leggere e quello che si teme di utilizzare per continuare a leggere. Bah! Io suggerisco di iniziare e di finire il libro, questo e/o qualunque altro libro, per dare ai personaggi il tempo di vivere l’avatar che è in noi.
Comments (0)
Lascia una risposta
Devi accedere per inserire un commento.